Anna Altobello - Superfame
07 Settembre 2018 18:00
Calle Corte Grande, 30133 Venezia, Italia
Superfame indaga quella fame che vuole tutto. A volte tutto e il contrario di tutto. Non si sa che faccia abbia, ma in qualche modo ne si è immersi in ogni istante. La fame invade, riempie, paralizza, allarga, costringe, svuota, trasforma, amplifica, disarma, non si accontenta e muove nonostante tutto.
Superfame si chiede “posso farne a meno? Si può sempre soddisfare? Con cosa o con chi?”
Un semplice sacco prova a rispondere a queste domande e diventa non più solo elemento simbolico del quotidiano, ma ogni volta “qualcosa di altro”: tra la performer e il sacco si instaura una vera e propria relazione; a condurla sono distanze e lontananze, percezioni al contatto/sguardo tra sé, l’oggetto e il pubblico, consapevole che solo quel tocco può permetterle il reale e lo spostamento.
Il suono è fondante: il sacco, la carta e la relazione con la performer continuano a produrne costantemente e farci sprofondare non solo in un mondo di immagini, ma anche di paesaggio lievi e sensibili, dove occorre ascoltare bene per riconoscere una "voce prima", che riesce a dirsi solo tramite versi e si abbandona alle percezioni più intime e naturali.
La presenza di un musicista in scena mantiene viva a sua volta la relazione tra perfomer e suono, portando il lavoro "ad assaggi di pienezza" e "apici di fatica" e soprattutto ad esplorare e condividere con due linguaggi diversi le tante domande sulla naturalità del corpo in movimento.
www.annaltobello.it
Superfame si chiede “posso farne a meno? Si può sempre soddisfare? Con cosa o con chi?”
Un semplice sacco prova a rispondere a queste domande e diventa non più solo elemento simbolico del quotidiano, ma ogni volta “qualcosa di altro”: tra la performer e il sacco si instaura una vera e propria relazione; a condurla sono distanze e lontananze, percezioni al contatto/sguardo tra sé, l’oggetto e il pubblico, consapevole che solo quel tocco può permetterle il reale e lo spostamento.
Il suono è fondante: il sacco, la carta e la relazione con la performer continuano a produrne costantemente e farci sprofondare non solo in un mondo di immagini, ma anche di paesaggio lievi e sensibili, dove occorre ascoltare bene per riconoscere una "voce prima", che riesce a dirsi solo tramite versi e si abbandona alle percezioni più intime e naturali.
La presenza di un musicista in scena mantiene viva a sua volta la relazione tra perfomer e suono, portando il lavoro "ad assaggi di pienezza" e "apici di fatica" e soprattutto ad esplorare e condividere con due linguaggi diversi le tante domande sulla naturalità del corpo in movimento.
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