Collettivo Trahuman - Sopravvivenza
08 Settembre 2017 15:30 - 10 Settembre 2017 19:30
Fondamenta San Biagio 795, Giudecca 30133 Venezia, Italia
“S O P R A V V I V E N Z A”
Quando le civiltà, la globalizzazione e l’immigrazione si espandono come macchie d’olio, l’orizzonte dell’altro sia fisico che puramente concettuale, diventa via via indelebile e combattuto. Il limite dell’altro viene a mancare e questo provoca paura. Per analizzarlo senza colpe o peccati, crudo e nudo bisogna solo collocarlo in uno spazio, nella sua natura. Questo è stato il nostro principale scopo, incanalare il concetto dell’altro in un cubo. Alzare il sipario su quello che potrebbe sembrare lo scontro tra noi e voi, l’accolto e l’ospitante, il migrante e il cittadino. Ma quando si nota che la gabbia che rinchiude il diverso non presenta sbarre, ma è aperta, si capisce che il confine è puramente ideologico e che come a noi l’alieno appare diverso, a lui noi appariamo lo stesso. E' dunque l'essere diversi il punto in comune tra "noi" e "loro"?
La figura deforme al centro dell’opera non ha armi e non è minacciosa, è solamente prona, impossibilitata quanto il nostro sguardo di fronte all’evidenza dei fatti: la diversità nelle nostre che ci accomuna solleva questo cubo etereo che ci solleva, inesistente ma confinante. Ci appare quindi un’idea diversa da il "noi", che sormonta un cumulo di caos e macerie, dentro quella che si potrebbe definire una gabbia priva di sbarre. Questo permettere all’osservatore con atteggiamento quasi scientifico di poter sperimentare con i propri sensi l’avere difronte il confine: una combattuta e discussa linea della diversità. Il prigioniero deforme dunque non può che rimanere alieno nella propria dimensione quasi a dover per forza aggrapparsi all'unica cosa che gli rimane, l'essere identificato come un oggetto distante e incomprensibile.
Dalla barriera emerge però un idea o un evasione che entra nello spazio dello spettatore. L’intangibilità del confine può essere violato nel bene e nel male.
Il contatto diretto e sensoriale non è che un primo sconfinamento.
Le barriere costruite vengono rivoluzionate con la comunicazione e il reale: senza moralismi o morali, senza se o senza ma, senza colpe o peccati.
Quando le civiltà, la globalizzazione e l’immigrazione si espandono come macchie d’olio, l’orizzonte dell’altro sia fisico che puramente concettuale, diventa via via indelebile e combattuto. Il limite dell’altro viene a mancare e questo provoca paura. Per analizzarlo senza colpe o peccati, crudo e nudo bisogna solo collocarlo in uno spazio, nella sua natura. Questo è stato il nostro principale scopo, incanalare il concetto dell’altro in un cubo. Alzare il sipario su quello che potrebbe sembrare lo scontro tra noi e voi, l’accolto e l’ospitante, il migrante e il cittadino. Ma quando si nota che la gabbia che rinchiude il diverso non presenta sbarre, ma è aperta, si capisce che il confine è puramente ideologico e che come a noi l’alieno appare diverso, a lui noi appariamo lo stesso. E' dunque l'essere diversi il punto in comune tra "noi" e "loro"?
La figura deforme al centro dell’opera non ha armi e non è minacciosa, è solamente prona, impossibilitata quanto il nostro sguardo di fronte all’evidenza dei fatti: la diversità nelle nostre che ci accomuna solleva questo cubo etereo che ci solleva, inesistente ma confinante. Ci appare quindi un’idea diversa da il "noi", che sormonta un cumulo di caos e macerie, dentro quella che si potrebbe definire una gabbia priva di sbarre. Questo permettere all’osservatore con atteggiamento quasi scientifico di poter sperimentare con i propri sensi l’avere difronte il confine: una combattuta e discussa linea della diversità. Il prigioniero deforme dunque non può che rimanere alieno nella propria dimensione quasi a dover per forza aggrapparsi all'unica cosa che gli rimane, l'essere identificato come un oggetto distante e incomprensibile.
Dalla barriera emerge però un idea o un evasione che entra nello spazio dello spettatore. L’intangibilità del confine può essere violato nel bene e nel male.
Il contatto diretto e sensoriale non è che un primo sconfinamento.
Le barriere costruite vengono rivoluzionate con la comunicazione e il reale: senza moralismi o morali, senza se o senza ma, senza colpe o peccati.