VICOLO DURA MADRE - L'ultimo pescatore
13 Settembre 2019 21:00
Calle di Mezzo, 30133 Venezia, Italia
Testo di Gianpietro Barbieri
Interpretato da Rossana Mantese
Musiche di Andrea Wob Facchin
Regia di Vicolo Dura Madre
La storia del pescatore Tita, a metà tra vita narrata e leggenda, è l’epos della vita del fiume, del suo rapporto simbiotico con l’uomo e dell’azione di quest’ultimo nello sfruttamento del corso d’acqua.
Ma perché raccontare la sua storia? A chi interessa un vecchio pescatore ancorato alle sponde di uno stile di vita che non esiste più?
Tita è in realtà lo spirito stesso del Fiume, è la voce che ci richiama a guardare i nostri fiumi (ce n’è uno in ogni paese) con occhi nuovi, a riconoscere il loro ruolo di culla della vita e base dell’esistenza umana. Caligo, l’altra faccia del pescatore, è il messaggero che si impegna a portare la voce del fiume tra le strade d’asfalto delle nostre città; a riallineare il nostro ritmo frenetico a quello della sua corrente, denunciando il continuo consumo di cui i fiumi sono vittime.
Tutti questi fiumi, queste vie d’acqua, nel racconto di Tita e Caligo ci invitano a fermarci, prenderci cura di loro e leggere tra le loro onde la nostra storia, il luogo da cui noi tutti veniamo e ritorneremo: l’acqua.
Con una storia non si cambia un territorio ma, come l’acqua del fiume, L’ultimo pescatore rimesta il fondo dei nostri ricordi e, tra immagini di vita quotidiana e apparizioni di creature leggendarie, ci spinge a ripensare e forse, in fondo, a ri-amare i luoghi da cui proveniamo.
Interpretato da Rossana Mantese
Musiche di Andrea Wob Facchin
Regia di Vicolo Dura Madre
La storia del pescatore Tita, a metà tra vita narrata e leggenda, è l’epos della vita del fiume, del suo rapporto simbiotico con l’uomo e dell’azione di quest’ultimo nello sfruttamento del corso d’acqua.
Ma perché raccontare la sua storia? A chi interessa un vecchio pescatore ancorato alle sponde di uno stile di vita che non esiste più?
Tita è in realtà lo spirito stesso del Fiume, è la voce che ci richiama a guardare i nostri fiumi (ce n’è uno in ogni paese) con occhi nuovi, a riconoscere il loro ruolo di culla della vita e base dell’esistenza umana. Caligo, l’altra faccia del pescatore, è il messaggero che si impegna a portare la voce del fiume tra le strade d’asfalto delle nostre città; a riallineare il nostro ritmo frenetico a quello della sua corrente, denunciando il continuo consumo di cui i fiumi sono vittime.
Tutti questi fiumi, queste vie d’acqua, nel racconto di Tita e Caligo ci invitano a fermarci, prenderci cura di loro e leggere tra le loro onde la nostra storia, il luogo da cui noi tutti veniamo e ritorneremo: l’acqua.
Con una storia non si cambia un territorio ma, come l’acqua del fiume, L’ultimo pescatore rimesta il fondo dei nostri ricordi e, tra immagini di vita quotidiana e apparizioni di creature leggendarie, ci spinge a ripensare e forse, in fondo, a ri-amare i luoghi da cui proveniamo.